Svimez. Il lavoro nella pandemia: impatti e prospettive per persone, settori e territori

SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo dell'industria e del Mezzogiorno) pubblica il rapporto “Il lavoro nella pandemia: impatti e prospettive per persone, settori e territori” per conto dell’Ente bilaterale confederale (Enbic). Dall'analisi emerge che 1) nel 2020, la disoccupazione dei giovani Neet, cioè degli under 35 che non studiano e non lavorano, cresce del +36,1% nel Mezzogiorno e del +18,6% nel Centro-Nord; 2) tra il 2008 e il 2020 l’occupazione subisce una flessione in tutte le regioni del Mezzogiorno, soprattutto in Calabria (-10,4%) e Sicilia (-8,9%) e migliora in Toscana (+1,4%), Emilia Romagna (+2,1%), Lombardia (+3,1%) , Trentino Alto Adige (+6,8%) e Lazio (+7,2%). Per approfondimenti si può consultare la fonte.

Executive summary
"Lo shock da Covid-19 ha colpito un mercato del lavoro nazionale già collocato su un sentiero
divergente rispetto agli altri principali Paesi europei per effetto dei cambiamenti intervenuti nel
ventennio pre-Covid: crescita del lavoro fragile, amplificazione dei divari territoriali, di genere e intergenerazionali. Il tasso di disoccupazione “corretto” che tiene conto anche dei disoccupati scoraggiati e dei cassaintegrati a zero ore è salito nel 2020 a livello nazionale al 17,3% dal 13,8% del 2019; dal 24,1 al 25,4% nel Mezzogiorno, dall'8,8 al 13,4% nel Centro-Nord. Sulla base dei dati territoriali dell’Istat che ancora non considerano l’effetto peggiorativo dei disoccupati “virtuali” degli attuali cassaintegrati e dei lavoratori solo ufficialmente occupati per effetto del blocco dei licenziamenti, il calo dell’occupazione appare piuttosto omogeneo tra Mezzogiorno (-2,0%) e Centro-Nord (-1,9%). Ma sono le donne e i giovani del Mezzogiorno a subire l’impatto occupazionale maggiore nella crisi pandemica: -3,0% a fronte del -2,4% del Centro-Nord per le donne; -6,9% a fronte del -4,4% del Centro-Nord Sud per i giovani under 35. La pandemia ha interrotto anche il processo di graduale aumento della partecipazione al mercato del lavoro legato, comunque, alla diffusione di forme contrattuali meno stabili. La recessione ha provocato, in particolare, una nuova ondata di Neet. Proprio nel settore dei servizi che aveva in parte compensato le perdite occupazionali della “lunga crisi” si sono concentrati gli effetti dello shock contemporaneo di offerta e domanda che ha interagito provocando crolli di occupazione, domanda e consumi senza precedenti. Soprattutto nei comparti labour intensive dell’accoglienza, della ristorazione, del turismo, della cultura, del piccolo commercio, e dei trasporti, dove più frequente è il ricorso il lavoro a tempo parziale o stagionale. Con impatti di breve periodo sui redditi da lavoro dei ceti economicamente più deboli destinati a protrarsi nel tempo per la più problematica ricollocazione del lavoro meno qualificato, e la minore possibilità di questi comparti di avvantaggiarsi della riorganizzazione dei processi di produzione previsti per il post-pandemia. Le attività del terziario sono state anche quelle che hanno fatto maggior ricorso alla CIG: sul totale delle attività, il 16,0% operano nel commercio e riparazione di autoveicoli e beni personali, il 14,7% nell’ospitalità e nel turismo, l’11,9% nel comparto delle attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese. Gli interventi a sostegno dei redditi dei lavoratori e delle imprese colpite dalla pandemia hanno significativamente ampliato l’area dei lavoratori tutelati che è aumentata di circa il 78% passando da circa 10 a quasi 18 milioni di lavoratori. Con riferimento al variegato mondo delle partite IVA, si può stimare che il contributo medio erogato abbia coperto poco più del 20% delle perdite. In prospettiva sono tre i fronti da presidiare con le politiche per scongiurare i rischi di amplificazione delle disuguaglianze tra persone, settori e territori: lo strutturale disallineamento tra domanda di lavoro delle imprese e i livelli di competenze maturate dai giovani italiani più istruiti al primo ingresso nel mercato del lavoro; la graduale riduzione delle misure di sostegno a imprese e lavoratori; le nuove forme di organizzazione del lavoro quali lo smart-working nel settore pubblico e privato.

Pubblicato il 14 giugno 2021